giovedì 22 ottobre 2009

Sguardo sull'università e l'anno appena iniziato

L’inizio di un nuovo anno accademico significa per qualcuno la graduale scoperta della facoltà scelta tra desideri ed esigenze di mercato, la conoscenza di una città che trae dall’ essere centro universitario e culturale tante delle sue qualità e della sua ricchezza ma anche una parte importante dei suoi problemi; per altri l’inizio significa invece ripartire approcciando al livello successivo dell’offerta formativa, corsi nuovi ed esami rimasti indietro.

Chiunque abbia fatto la conoscenza dell’Università Pubblica Italiana da poco tempo come da lunga data (dannati fuoricorso!) non può certo dire che scoppi di salute… il grave morbo del 3+2 ha provocato il frazionamento, l’incomunicabilità delle conoscenze da conseguire e la perdita di qualità dell’insegnamento, ha sonoramente fallito gli obiettivi preposti ma ha raggiunto e superato di gran lunga la spesa sostenibile.
La criticità della situazione è sottolineata dalle stesse fonti ministeriali* che annunciano a breve la presentazione della nuova riforma, la quale sarà saggiamente varata un anno dopo quei tagli devastanti al Fondo di Finanziamento Ordinario che nei prossimi mesi diverranno effettivi.

Ciò che il ministro Gelmini ha intenzione di somministrare non è tanto una cura quanto una strategia di contenimento delle spese e di gestione dei tagli che comporterà una drastica riduzione dell’offerta formativa e delle borse di dottorato, un aggravamento delle situazioni di precarietà e di impoverimento della Ricerca.
Per fortuna il governo e la stampa sventolano la bandiera della Meritocrazia, ma una meritocrazia che serva a dimenticare i tagli e che intenda non tanto premiare i geni, quanto scaricare su tutti gli altri l’aumento di tasse (e in questo il nostro ateneo è “troppo avanti”) e forme lavorative a titolo gratuito, come a dire: pagare la crisi è affar vostro… D’altronde il ministro Sacconi ce lo ha gentilmente ricordato: dobbiamo “riabituarci ai lavori umili”!

Eppure chi l’Università già la conosceva avrà notato anche qualcosa di diverso:
l’anno scorso Bologna, come tutt’Italia, veniva sommersa dal movimento studentesco più sconvolgente degli ultimi 30 anni…
L’Onda Anomala ha rifiutato la dismissione dell’Università Pubblica con la voce di centinaia di migliaia di studenti e precari, ma non solo, ha deciso di cambiarla partendo dalle assemblee di facoltà, con decine e decine di dibattiti, seminari, corsi autogestiti ed eventi culturali: una vera controriforma, o meglio…un’autoriforma.

L’Assemblea Permanente Interscienze nasce da questa esperienza straordinaria, nuova e inaspettata: e da qui intendiamo ripartire facendo la conoscenza del nuovo anno accademico.

Come studenti e studentesse della Facoltà di Scienze vediamo la Ricerca Scientifica, la Formazione Pubblica, come passione e desiderio personale a cui non intendiamo rinunciare, ma anche come potenziale di innovazione, cooperazione e ricchezza per la società intera.
Quindi parleremo delle malattie della nostra Università, ma soprattutto dell’unica difesa possibile del nostro futuro, non il rimpianto per il passato, bensì la partecipazione e la determinazione del presente, un contributo critico, decisionale e qualificante alla nostra formazione.
Preferiremmo lasciare le retoriche vuote dell’eccellenza a chi l’università la affama e a coloro che cercano di spartirsi le briciole; intendiamo piuttosto riaprire il dibattito in facoltà sul vero senso del merito, sulle modalità di accesso, di reclutamento e di valutazione ben consci che non c’è la soluzione dietro l’angolo, ma che studenti, ricercatori e precari debbano avere voce in capitolo.
Ci interessa inoltre avviare un’ inchiesta sulle condizioni materiali di vita in Università, in particolare sulla situazione dei dottorati e dei tirocini, indagare come il lavoro si travesta da studio, e come lo studio si scopra già lavoro.

Per questo e molto altro vogliamo confrontarci con tutti voi, dagli studenti ai docenti dai dottorandi ai ricercatori, partendo dai nostri progetti verso percorsi comuni, verso altre onde.

Assemblea Interscienze

L’assemblea permanente interscienze si riunisce ogni venerdì alle 13:00 in via Irnerio 49, nell’aula di Astronomia.

interscienzebo@gmail.com interscienzebologna.blogspot.com

*fonti: “linee guida del governo per l'università”/direttiva Gelmini del 4.9, protocollo n. 160


DOPO I TAGLI LA RIFORMA… o meglio dopo il danno la beffa!

Agosto 2008: il governo ritiene prioritario intervenire su formazione e cultura e ricerca, lo fa inserendo nella legge 133 (un insieme di tagli a tutto il settore pubblico) la decurtazione di 1,5 miliardi di euro in 5 anni dal Fondo di Finanziamento Ordinario delle università, il blocco del turn-over, la possibilità per gli atenei di costituirsi in fondazioni private.

Gennaio 2009: viene trasformato in legge il decreto 180, un frettoloso rimaneggiamento che non muta gli effetti devastanti della 133, ma indica dei criteri di ripartizione dei tagli che favoriscano gli atenei “eccellenti”. Anche per l’università, il merito sarà il cavallo di battaglia delle retoriche di governo.

Entrambe le leggi rimandano ad una futura riforma del sistema universitario, che avrebbe dovuto vedere la luce già un anno fa, ma fu impossibile procedere poiché proprio in quelle settimane l’Onda Anomala si gonfiava imponente in tutt’Italia.
Ripetuti rinvii ci conducono fino alle più recenti dichiarazioni, e linee guida ministeriali; proponiamo qui di seguito alcuni degli aspetti più significativi:

OFFERTA FORMATIVA: causa l’esplicitato fallimento degli ultimi 15 anni di riforme, si intende ridefinire l’offerta formativa secondo “parametri quantitativi”, poiché vi è la necessità di una “partecipazione del sistema universitario statale agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica” (ce ne eravamo accorti!!). Insomma non importa migliorare e razionalizzare gli insegnamenti ma frenarne la proliferazione e risparmiare. Sarà più alto il numero minimo di studenti per corso, verranno accorpati i curricola all’interno dei corsi, diverranno pressoché impossibili i corsi interclasse.

FACOLTA’ CANCELLATE: i dipartimenti (che non potranno avere meno di 30 o 40 docenti afferenti a seconda delle dimensioni dell’ateneo) saranno accorpati in “megadipartimenti”, responsabili di ambiti disciplinari “affini”, che dovranno occuparsi della ricerca, ma anche della didattica, ad oggi di competenza delle facoltà, le quali non esisteranno più: al loro posto strutture di “coordinamento” tra dipartimenti per la gestione dei corsi di laurea che richiedono la collaborazione di più dipartimenti;

RIFORMA DELLA GOVERNANCE: assumerà una centralità nella governance degli atenei il Consiglio di Amministrazione (composto per il 40% almeno da membri non elettivi) , il cui compito sarà “definire le linee di indirizzo per la pianificazione strategica” e finanziaria, mentre il senato accademico verrà esautorato di gran parte dei suoi poteri. Per cui se l’università non si costituirà in fondazione, avrà comunque una gestione aziendalista che rispetti criteri di “efficienza, efficacia ed economicità”.

PRECARIZZAZIONE DELLA RICERCA: si prevede l’istituzione della figura del ricercatore a tempo determinato (come prevedeva il Ddl Moratti), il tur-nover rimarrà bloccato, sparirà la possibilità di reale stabilizzazione.

LA BANDIERA DELLA MERITOCRAZIA con la quale sarà presentata questa riforma: Ricerca, didattica e “virtuosità” degli atenei saranno valutate soltanto in base a parametri economici e quantitativi: numero delle pubblicazioni, delle citazioni, numero degli esami svolti in un anno sono alcuni dei criteri per valutare la qualità del lavoro di un professore; mentre per i finanziamenti agli atenei valgono il numero dei laureati, dei fuoricorso, dei corsi di laurea attivati, del livello di informatizzazione
Crediamo tuttavia che i criteri meritocratici non possano essere solo dei numeri, i quali difficilmente potranno rispecchiare la reale qualità del sapere.
D’altra parte la qualità stessa dell’Università e della Ricerca sembra estranea all’interesse di un governo che si premura di non parlare mai di finanziamenti, innovazione e relazione reale con il mondo del lavoro.

Sala studio di viale Berti-Pichat

Bologna rimane una città con un certo fascino per un giovane e nonostante qualcuno ci consideri la fonte principale di degrado ed abiezione morale, conserviamo qualche ruolo importante: senza nulla togliere al pagamento di affitti esorbitanti e alla copertura di una miriade di lavoretti sottopagati e stage gratuiti, il nostro compito ultimo e fondamentale rimane quello di preservare l’incantevole e stupefacente processo di trasmissione, rinnovamento, riproduzione della conoscenza; in altri termini: STUDIARE!
L’anno scorso sulla cresta di un movimento di massa, abbiamo avuto modo di dimostrare che non esistono saperi neutrali e che università non significa catena di montaggio lezioni-esami, tuttavia se non amiamo le iniezioni di crediti “acritici” ciò non significa che non ci piaccia studiare.
Un problema si è posto nel momento in cui, nel week-end (ideale per lo studio direte..) riscontravamo una fastidiosa assenza di sale studio aperte in città, pur trattandosi di Bologna “l’Eccellente”; assenza fastidiosa soprattutto per chi da fuorisede, anche pagando il solito affitto esorbitante, non dispone di una camera spaziosa e silenziosa, adatta al ligio studio.
Abbiamo pensato che la garanzia di un posto in cui studiare anche nel week-end fosse un diritto che l’Università ci doveva e le nostre attenzioni si sono rivolte verso la sala studio di viale Berti Pichat, accanto al dipartimento di Astronomia, che rimaneva inaccessibile il sabato e la domenica.
Così l’Assemblea Permanente Interscienze ha occupato quell’aula, tenendola aperta agli studenti per svariati fine settimana fino a quando gli organi accademici si sono rassegnati a concederne l’apertura anche nei giorni festivi, fino alla fine dell’anno accademico e nella piena autogestione degli studenti stessi.
Le folle di studiosi che ogni week-end la riempivano, il servizio wireless gratuito da noi installato, i pranzi e le discussioni organizzati devono aver convinto l’università del bisogno, più volte negato, di maggiori spazi per gli studenti. Infatti da quest’anno il regolare orario di apertura della sala studio di viale Berti Pichat comprende anche il sabato e la domenica.
Ma pur elevandosi fino a tale brillante intuizione, i vertici del nostro ateneo non hanno resistito a marcare il territorio con diverse telecamere puntate dritte sui tavoli; avranno voluto farci sentire più sicuri? Hanno forse un interesse morboso nello spiarci mentre studiamo? Oppure volevano solo comunicarci che siamo al centro delle loro attenzioni?
Premesso che abbiamo un concetto di sicurezza non misurabile con la concentrazione di polizia e telecamere, dopo un' occupazione che ha valorizzato ed arricchito la funzione di quell’ambiente senza mai causare il minimo danno alle infrastrutture, riteniamo incomprensibile la presenza di telecamere per sorvegliare persone che studiano e riteniamo inaccettabili e del tutto immotivate forme di controllo e di intrusione simili nella nostra vita quotidiana.
Crediamo che gli spazi universitari debbano essere accessibili e fruibili per coloro a cui appartengono veramente, ovvero gli studenti, anche al di fuori dei canonici “orari d'ufficio”; a chi ha fatto installare quelle telecamere diciamo che quando si è coscienti di non aver fornito adeguatamente un servizio, si è capaci solo di goffi quanto inutili tentativi d’intimidazione...