sabato 9 ottobre 2010

Documento dell'assemblea degli studenti di scienze

Condividiamo appieno le motivazioni che hanno portato i ricercatori a
protestare contro il disegno di legge Gelmini e crediamo nell'efficacia
dell'arma dell'indisponibilità. Alla luce del quadro politico attuale e
del mutato iter parlamentare della legge si rende necessario allargare
il fronte della mobilitazione e mettere in comune le analisi e le
proposte che già da tempo le varie assemblee hanno prodotto. A questo
proposito, oltre ad assemblee comuni, è necessario intessere delle
relazioni tra studenti e ricercatori e rendere le comunicazioni più
efficienti.

In merito alla riforma, riconosciamo le criticità individuate dai
ricercatori riguardo al riassetto della governance, al problema della
mancata rappresentanza negli organi decisionali, alla messa ad
esaurimento del ruolo dei ricercatori a favore di una precarizzazione
del percorso accademico e al mancato riconoscimento del lavoro svolto
dagli attuali ricercatori a tempo indeterminato. A queste vanno aggiunte
altre criticità che gli studenti hanno contestato già da tempo; la
riduzione del diritto allo studio, che viene declinata in due sensi:
l'introduzione del prestito d'onore, volto a sostituire almeno in parte
le borse di studio, che prevede l'indebitamento con una banca al momento
dell'ingesso nell'università e la restituzione totale nell'arco di 5
anni dalla laurea; restrizioni delle possibilità di accesso
all'istruzione superiore a causa della mancanza di fondi per mantenere i
corsi di laurea a numero aperto.
Tuttavia pensiamo che sia impossibile una reale comprensione dei
suddetti problemi, se non tenendo conto delle premesse su cui si basa la
riforma. I tagli indiscriminati di Tremonti e l'intenzione di una
riforma a costo zero sono segnali evidenti di un volontario
disinvestimento nella formazione a dispetto di una retorica che vuole la
riforma promotrice di una università meritocratica e di qualità.
Questi due stessi concetti sono esplicitati nella riforma in modo
diametralmente opposto a quello che nelle università viene percepito
come necessario.
Non sono i metodi aziendalistici di valutazione degli atenei in base al
bilancio, di accentramento dei poteri nelle mani dei cda, e lo
spezzettamento delle carriere in una rincorsa forsennata al concorso,
senza la sicurezza delle proprie risorse economiche, quello che
intendiamo per "università di qualità".

Per questo troviamo la riforma non emendabile. C'è bisogno di una
proposta e di una idea nuova di università, che parta da chi
l'università la fa vivere, chi per questi anni è stato completamente
messo in disparte dal governo e dal ministro Gelmini.
In questo senso le proposte di emendamento del rettore sono inutili per
le motivazioni stesse che spingono la protesta. Inoltre la fiducia
totale accordata al rettore non è per forza la scelta migliore. Egli non
solo è esponente di spicco della CRUI che (per bocca del presidente
Decleva e senza smentita di Dionigi) ha recentemente auspicato
l'approvazione in tempi rapidissimi della riforma, ma in quanto rettore
dell'Alma Mater è tra i promotori del gruppo AQUIS, un consorzio di
università "eccellenti" che, per sottrarsi alla scure dei tagli, sin
dall'inizio ha ostentato il totale accordo con il progetto di riforma,
spingendo per una separazione in "classi" delle università italiane. Le
università dell'AQUIS hanno recepito la riforma senza opporre resistenza
prima ancora che venisse approvata, visto che è già in atto la
riscrittura dello statuto.

Proponiamo ai ricercatori di partecipare al presidio davanti al
rettorato il giorno 14 ottobre, data della prima discussione alla camera
della riforma, in contemporanea con le manifestazioni a Roma e in tutta
Italia, per chiedere al rettore di prendere una posizione chiara.
Sul lungo periodo, anche guidati dai riscontri di questa settimana
decisiva, crediamo sia importantissimo promuovere un tavolo di
discussione e proposta tra ricercatori, docenti, precari e studenti
sulle reali necessità dell'università, fermamente convinti che una vera
riforma debba partire dal basso.

giovedì 7 ottobre 2010

Verso la giornata di mobilitazione contro il Ddl Gelmini del 14 ottobre

Con la mobilitazione dei ricercatori, si continuano a sollevare, da più parti del mondo accademico, critiche e proteste circa le conseguenze che l'approvazione del Ddl Gelmini avrebbe sul futuro dell'Università; noi studenti diamo il nostro appoggio a tutti quei Ricercatori che utilizzano l'indisponiblità alla didattica come arma contro una riforma calata dall'alto che mina alla base la qualità della didattica e della ricerca dell'Università pubbblica.
Gli studenti , con un' intensa stagione di mobilitazioni e di proteste, hanno già affermato il loro netto no alla Gelmini e alla sua retorica della meritocrazia, che nasconde tagli indiscriminati verso tutto il mondo della formazione.
No ad una riforma a costo zero.
No alla chiusura di corsi di laurea e alla cancellazione di corsi.
No ai prestiti d'onore e alla logica dell'indebitamento.
No all'Università dei crediti, del 3+2 e degli stage gratuiti.
Per questo invitiamo RICERCATORI E STUDENTI della Facoltà di Scienze ad un incontro
VENERDI' 8 OTTOBRE ORE 13 AULA 1 - DIP. ASTRONOMIA
VIA RANZANI 1
per capire meglio le motivazioni dei Ricercatori e pensare nuove forme comuni di protesta, in vista dell'
Assemblea d'Ateneo Ricercatori - Studenti del 12 ottobre

giovedì 6 maggio 2010

Seminario su TECNOSCIENZE: scienza ed economia della conoscenza

Svariati secoli ci hanno consegnato una rappresentazione della scienza come disinteressata, oggettiva e progressiva conoscenza dell’esistente; mai come oggi, quest’immagine è lontana da una realtà in cui scoperta ed invenzione, teoria ed applicazione divengono due facce della stessa medaglia.

Se il sapere è a tutti gli effetti strumento e mezzo produttivo, la distinzione tra ricerca di base e ricerca applicata si fa più labile, finanziamenti e strutture pubbliche si mettono in osmosi con quelle private, Scienza e Tecnologia tendono ad intrecciarsi su un piano determinato dal mercato.

Inoltre l’informatizzazione diffusa, la connettività di internet hanno assunto un ruolo costitutivo nell’evoluzione di svariate discipline scientifiche: dalla fisica alla matematica, fino alla biologia; dotandole di nuovi modelli sperimentali e di ricerca, trasformando la modalità di circolazione d’informazioni e incrementando anche produzione e produttività del sapere scientifico.

La rete e il traffico di conoscenze, innovazione, scoperte rappresentano un campo aperto in cui possono convivere attorno allo sviluppo e al futuro della scienza, libertà individuale e interesse collettivo, controllo ed egemonia del mercato.

In questo seminario sottoporremo a critica l’ideologia proprietaria che vorrebbe il progresso scientifico dipendente dalle aspettative di profitto, i finanziamenti alla ricerca legati unicamente a prospettive concrete di applicazione, la cooperazione e la collaborazione subordinate alla logica della competizione.

Ci interessa capire se e in che modo la corsa ai brevetti e le barriere alla libera circolazione del sapere sono nocive per la ricerca, contrastano l’innovazione e la funzione sociale della scienza.

Indagheremo i rapporti tra imprenditoria e ricerca scientifica, come il privato entra e nasce nell’università, come le accademie introiettino le logiche mercantili, come la produzione tecno scientifica sia trasferita direttamente sul mercato finanziario.

Quali sono le contraddizioni intrinseche nel rapporto tra economia e scienza, tra progresso e profitto, tra affermazione personale, bene comune e impresa privata?

Quali sono le possibili vie di fuga? Le sperimentazioni esistenti, i differenti gradi di libertà concessi dall’informatica e dalle reti nella connessione tra mondo open source e campi applicativi di ricerca? Quali sono le credibili alternative che, sul piano normativo, possano interagire ed opporsi alle dinamiche brevettuali?

Quali sono le prospettive etiche per una ricerca che vede insita nella sua stessa esistenza rapporti economici e interessi privati?

Ci interessa guardare a questi problemi da un punto di vista interno alla realtà attuale, in particolare quella italiana, in cui ricerca ed università sono tuttora sotto il giogo di domini feudali e subiscono devastanti tagli ai fondi di finanziamento.

A fronte del ruolo prevalentemente attendista e parassitario dei privati nostrani nei confronti della formazione e della ricerca, ci troviamo di fronte a tendenze presentate come eccellenti piuttosto che estesi processi di aziendalizzazione; un approccio etico alla ricerca scientifica deve quindi anche tenere conto delle condizioni rispetto alle quali le logiche di mercato e della libera concorrenza sembrerebbero risolutive e salvifiche.



Giovedì 13 Maggio 16:30 Aula Enriques-Dip di Matematica




mercoledì 7 aprile 2010

L'altra faccia del merito

Riviste scientifiche, pubblicazioni e valutazione della ricerca.


Per decenni la pubblicazione del lavoro di un ricercatore su una rivista è stato il mezzo principale di comunicazione del sapere entro le comunità scientifiche, ma con la crisi dell'editoria tradizionale, nuovi canali di trasmissione e condivisione della conoscenza stanno prendendo piede, invertendo questa tendenza e mettendo in crisi il concetto di proprietà intellettuale sui prodotti della ricerca.

E' sensato, dunque, valutare l'attività di un ricercatore in base alle riviste su cui i suoi lavori vengono pubblicati, delegando così il delicato compito della valutazione della ricerca a scelte editoriali, che spesso non rispondono agli interessi della comunità scientifica, ma più direttamente a logiche di profitto?
E' sensato parlare di criteri oggettivi, quando a determinare l'autorevolezza o meno di una rivista è una società privata e la stessa valutazione delle riviste nasce con scopi commerciali che poco hanno a che vedere con la qualità delle pubblicazioni?

In questo contesto ci sembra doveroso interrogarsi su quali ricadute effettive ha l'utilizzo di criteri quantitativi sulla qualità della ricerca stessa e se una presunta valutazione oggettiva della ricerca non finisca per costituire, di fatto, un blocco alla produzione di sapere e alla diffusione della conoscenza. A questo proposito cercheremo di capire in che modo l'editoria Open Access e gli archivi a libero accesso propongono modelli economici alternativi per l’organizzazione, la produzione e la disseminazione del sapere, nonché una gestione diversa della proprietà intellettuale, che non costituisca di fatto una limitazione all'accesso, alla fruibilità e alla diffusione dei prodotti della ricerca.

Cercheremo dunque di capire cosa si nasconde dietro la retorica del merito, che viene utilizzata strumentalmente dal Governo per ridisegnare l'assetto dell'Università e del mondo della ricerca, ma che poco ha a che fare con una reale valutazione della produzione dei saperi.

La discussione si articolerà in due incontri: nel primo analizzeremo i meccanismi che regolano il mondo delle riviste scientifiche e la pratica della pubblicazione, da una parte atto produttivo su cui si misurano i finanziamenti e dall'altro strumento di messa in comune della conoscenza nell’ottica di un percorso di ricerca collettivo; ne parleremo con Andrea Capocci (Università La Sapienza di Roma), Vittorio Morandi (CNR, Bologna) e Federico Di Traglia (Università di Pisa - Know Work Tijuana Project).

I MECCANISMI DELL'EDITORIA

Martedì 20 aprile 2010, ore 18, aula Ghigi (via S. Giacomo 9)

Nel secondo incontro analizzeremo da vicino quali ricadute il tentativo di quantificare l'attività di un ricercatore ha sui processi di produzione del sapere, delimitando nuovi confini e inficiando l'autonomia della ricerca; interverranno nella discussione Anna Borghi (Università di Bologna) e Antonella De Robbio (Centro d'Ateneo per le biblioteche, Univ. di Padova).

COME SI VALUTA LA RICERCA?

Mercoledì 21 aprile 2010, ore 18, aula Ghigi (via S. Giacomo 9).

martedì 8 dicembre 2009

sabato 5 dicembre 2009

Pensare la valutazione per uscire dalla crisi dell’Università

Gli studenti e le studentesse dell'Università di Bologna si sono presentati "senza invito" in Rettorato per un incontro promosso dal Nucleo di Valutazione dell'Alma Mater sulla valutazione e sulla didattica.

Agli interventi previsti si è aggiunto quello degli studenti dell'Onda e dei ricercatori precari che hanno letto un documento, col quale è stata lanciata a presidi, docenti e rettore la proposta di un'apertura di tavoli sulla didattica nelle facoltà, affinchè siano i soggetti che vivono realmente l'università a decidere sul proprio percorso formativo e sulla propria didattica.

Documento:

Siamo studenti e ricercatori, ogni giorno con il nostro lavoro produciamo saperi nell'università-azienda. Produciamo ricchezza. E' questa consapevolezza che ci ha spinti a prendere parola in questa sede. La didattica e la valutazione per noi, sono temi centrali sui quali sentiamo la necessità di esprimerci.

Siamo gli studenti che vivono negli anni del 3+2, nell'epoca del processo di Bologna, che subiscono la misurazione in crediti e la parcellizzazione idiota e artificiale del sapere; che continuano a subire i tagli radicali alla formazione, la moltiplicazione delle barriere all'accesso lungo il percorso formativo e il costante aumento delle rette.

Negli ultimi 20 anni abbiamo subito, quasi mai passivamente, continue riforme dell'Università che hanno prodotto esclusivamente dequalificazione dei saperi. Pensiamo che la riforma Gelmini approfondisca questo processo.

Siamo i ricercatori che non hanno fondi per le proprie ricerche, che subiscono il ricatto della precarietà.

Siamo i ricercatori che in questo Ateneo forniscono prestazioni gratuite, costretti a sacrificare tempo e risorse per trovare un modo per costruirsi una vita.

Siamo studenti e ricercatori e siamo stanchi di subire l’incessante dequalificazione della didattica, della ricerca e dei saperi.

Lo scorso autunno abbiamo partecipato ai cortei dell'Onda, quello straordinario movimento che ha saputo opporsi ai tagli dell'università e della ricerca, che ha saputo definire delle strategie di uscita dalla crisi dell'Università. Oggi non ci lasciamo ingannare dalla retorica del merito del ministro Gelmini il cui scopo principale è mascherare una realtà fatta di tagli e dismissione dell'università pubblica. Ci rifiutiamo di pensare la qualità della didattica come un premio per pochi. Crediamo piuttosto che l'accesso ad una didattica e ad un sapere di qualità sia un diritto di tutti. Non capiamo perché dovremmo indebitarci per poter studiare, già prima di entrare nel mercato del lavoro. Anzi no lo capiamo benissimo: il prestito d'onore serve a renderci ancora più precari.

Per questo siamo quelli che quando scendono in piazza scrivono sugli striscioni "La Gelmini non ci merita", per questo l'11 dicembre scenderemo in piazza insieme agli studenti medi, insieme ai precari della scuola, formando un corteo autonomo che dica "no" in maniera decisa alla politica dei tagli che ha attaccato trasversalmente tutto il mondo della formazione, che dica “no” allo smantellamento dell'università pubblica e al tentativo di renderci ancora più precari. L'11 dicembre sarà un giorno importante per i tanti che come il rettore, i prorettori, i presidi e docenti presenti in questa sala hanno a cuore il destino dell'Università. A loro rivolgiamo il nostro invito a partecipare a quella giornata.

Le riforme dell’Università promosse da tutti i governi degli ultimi due decenni non hanno mai avuto come principale campo di interesse la didattica e la ricerca, non per questo non hanno inciso negativamente su questi due ambiti. Tutto il contrario. Dal processo di Bologna in poi, ogni intervento sull’Università ha contribuito allo smantellamento del sistema della formazione. Non siamo nostalgici. Pensiamo le trasformazioni del presente sempre in termini innovativi e mai conservativi. E’ a partire da questo assunto che mentre tutti continuavano a pensare con criteri economicistici, noi, studenti e ricercatori, sin dall’inizio abbiamo messo al centro dei nostri ragionamenti e delle nostre pratiche la qualità della didattica e della ricerca.

Abbiamo deciso di prendere parola su una parte importante della nostra vita, di dare voce e possibilità concrete a quel desiderio comune e diffuso di apprendere, di innovare le pratiche di produzione e condivisione dei saperi. E’ da qui, dalla voglia di imparare, di studiare e di fare ricerca, desiderio continuamente mortificato dalle riforme imposte dai governi, che bisogna ripartire anche solo per pensare la riqualificazione della didattica e della ricerca. Non partiamo da zero. Già da tempo in alcune Facoltà di questo Ateneo sono nati percorsi didattici e formativi gestiti insieme da studenti, ricercatori, docenti e figure di alto profilo del mondo della cultura.

Abbiamo costruito e continuiamo a costruire, con passione e tenacia, esperimenti didattici puntando sulla collaborazione e la cooperazione tra le diverse figure della relazione didattica, ciascuna con le proprie competenze. Li abbiamo battezzati seminari di autoformazione: percorsi formativi in cui gli studenti hanno la possibilità concreta di incidere nella produzione del sapere e in cui al contempo i docenti e i ricercatori coinvolti trovano uno spazio di confronto e rielaborazione delle proprie conoscenze. Pensiamo che solo in questi termini la relazione didattica possa essere effettivamente produttiva.

E’ nella costruzione di questi percorsi che ci siamo accorti che esiste un'opportunità concreta di riqualificare la didattica. Una riqualificazione che non può prescindere dalla richiesta di fondi e che non può basarsi su una meritocrazia costruita attorno a criteri quantitativi e temporali che inibiscono ogni spinta propositiva da parte delle figure che animano l’università.

Siamo convinti che non si possa valutare lo studente sulla base di una prestazione occasionale di cinque minuti in cui ci si limita a ripetere la lezione imparata a memoria.

Siamo convinti che solo a partire da questi percorsi formativi, improntati sulla cooperazione, si possa parlare di valutazione e qualità.

Pensiamo ancora, che la valutazione non possa essere slegata dalla possibilità di definire in autonomia progetti formativi, di scegliere un proprio percorso di studio e di ricerca, all’interno di un’offerta didattica all’altezza delle esigenze della contemporaneità.

E’ chiaro che la qualità della didattica ha bisogno di tempo. La caccia ai fuoricorso che si è scatenata è l'espressione diretta di un'università che ha deciso di non ragionare più in termini qualitativi: devi fare gli esami e farli nel più breve tempo possibile, senza il tempo di poter lasciare sedimentare le conoscenze apprese, di poter allargare gli orizzonti di studio e di ricerca.

L’università, lo abbiamo sottolineato più volte, è o meglio dovrebbe essere un luogo di ricerca, oggi elemento centrale nella produzione di ricchezza. E’ solo attraverso l’investimento sulla conoscenza e la formazione che è possibile pensare l’uscita dalla crisi economica. Il ddl Gelmini, invece, precarizza i ricercatori e li rende ancora più ricattabili. Pensiamo che la ricerca debba godere di ampi margini di autonomia. Autonomia della ricerca significa accesso diretto e non mediato ai fondi. Solo a partire da queste condizioni è possibile parlare di valutazione della ricerca troppo spesso basata esclusivamente sul numero delle pubblicazioni o sul numero di apparizioni nelle note a fondo pagina.

Abbiamo deciso di interrompere momentaneamente questo seminario, di prendere parola di fronte al Nucleo di Valutazione della didattica, di fronte ai presidi, ai docenti, al rettore e ai prorettori perché siamo convinti che di valutazione e didattica si debba continuare a parlare, ma rideclinando la retorica del merito portata avanti dalle ultime riforme. Certo, riteniamo assurdo non aprire la discussione che si svolgerà nella seconda parte del seminario a chi nelle facoltà sperimenta nuove pratiche didattiche e di valutazione, ma siamo decisi a promuovere un percorso costruttivo e aperto sui temi dell'incontro di oggi. Pensiamo sia indispensabile aprire nell'Ateneo e nelle Facoltà un dibattito sulla valutazione e la didattica che coinvolga tutte le figure che partecipano alla produzione dei saperi. Siamo altrettanto convinti che si debba partire proprio da quelle sperimentazioni didattiche che sono già una realtà in questo Ateneo.

Riteniamo sterili le analisi che si basano sui questionari a crocette che vengono distribuiti a lezione. Questi questionari promuovono un’idea di valutazione che si basa su criteri quantitativi, senza mettere in risalto né la qualità, né l’effettivo apprendimento, né la messa a valore delle capacità dei soggetti coinvolti.

Pensiamo che si debba trovare un modo per rovesciare il clima di disillusione generale che si respira negli ambienti universitari e che riscontriamo nelle dichiarazioni che leggiamo nelle pagine dei giornali.

Per questo chiediamo al rettore e ai prorettori di dare indicazioni affinché vengano convocati nelle singole Facoltà tavoli aperti agli studenti, ai ricercatori ai docenti in cui si possano affrontare questi problemi e lavorare insieme per costruire un diverso tipo di valutazione, di merito e di didattica. Chiediamo inoltre che questi tavoli vengano convocati prima dei prossimi Consigli di Facoltà, per non cadere in promesse sterili e a lungo termine. Ci piacerebbe che queste richieste fossero accolte come un’opportunità. Noi in tanto, continueremo a prendere parola.